educazione musicale

Il Galles e l’insegnamento degli strumenti musicali

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Qua in Galles succede una cosa strana: quando dici che sei musicista o che fai musica in generale la domanda che ti viene immediatamente posta è “che strumenti suoni?”. A molti di voi può sembrare un’innocentissima curiosità, ma rivela una differenza culturale enorme. Che strumenti, dice il gallese curioso, che strumenti. Plurale. Più di uno.

In Galles un bambino che inizi a suonare uno strumento ha come prospettiva circa tre anni di studio di un primo strumento prima di affiancare a questo un secondo strumento e, volendo strafare, un terzo qualche anno dopo. Per farvi un esempio la mia insegnante di lindy hop (se non sai cos’è il lindy hop clicca qui) suona pianoforte, flauto traverso e viola. E non è una musicista di professione. Suona e basta. Non solo, ha trent’anni e sa ancora suonare. La mia insegnante è fichissima per un sacco di motivi, ma non è una cima della musica classica e qui in Galles è abbastanza nella norma: è normale che un ragazzo che studi musica sappia suonare più strumenti ed è normale saperlo fare anche dopo tanto tempo dagli anni d’oro dello studio (l’infanzia e l’adolescenza). A me ha detto culo che ho sempre cantato e ho studiato direzione di coro, perché altrimenti a dire che suonavo solo il pianoforte ci facevo una figuraccia immensa!

In Italia mi è capitato in diverse occasioni di incontrare persone che sapessero suonare tanti strumenti diversi e che magari cantano anche benissimo, compongono o dirigono ensembles, ma sono musicisti. Gente che di questa cosa ha fatto una ragione di vita, il pane sulla tavola e vi ha consacrato una vita di studi matti e disperatissimi. Ok che sai suonare la tiorba, il corno inglese e dirigi l’orchestra di Canicattì, grazie, ti sei fatto un mazzo così tutta la vita e mò sei figo. Ma che tu sia (e prendo esempi dalla vita vera) la signora del banchino del pane al mercato, l’insegnante di lindy hop o un professore di biologia e che tu mi dica con candore “che bello! Anche tu suoni! Io suono il violino, l’arpa celtica e la fisarmonica!” io veramente non me l’aspetto.

Anche perché mi ricordo benissimo di quando volevo studiare composizione (cosa che poi ho fatto senza dirlo a nessuno, perché che cazzo, la vita è mia e decido io) e la mia insegnante di pianoforte di allora mi diceva che assolutamente no, che era una perdita di tempo, che mi dovevo concentrare, che a mettere troppa carne al fuoco bruci tutto il barbecue e via così. Magari quell’insegnante lì era particolarmente chiusa di suo, ma non mi pare che l’Italia pulluli di insegnanti che spingono gli allievi verso nuove esperienze. Che ti incoraggiano, che ti dicono che solo quello strumento lì non basta. (O tu lettore, se tu sei uno di questi insegnanti, ti apprezzo molto nella tua rarità)

C’è la questione che gli esami ufficiali di strumento, qui in Galles, sono molto diversi dagli esami italiani (qui trovi qualche riflessione al riguardo) e c’è il discorso che in Italia si tende a voler selezionare le eccellenze lasciando andare il resto, mentre qui mi pare che la tendenza sia suonare cose più facili meglio e avere una vasta esperienza musicale, anche e soprattutto di gruppo (coro, orchestra, jazz band), invece di sviluppare una tecnica precisissima su un unico strumento.

Ogni sistema ha i suoi pro e i suoi contro, ma mentre li analizzo in dettaglio e faccio diagrammi di Venn, ne approfitto e imparo a suonare il fagotto.